domenica 5 ottobre 2008

Tra pagina e schermo. LA MORTE RISALE A IERI SERA


Italia 1970. Su dvd Ermitage (in 4:3).
Warning: il seguente pezzo contiene anticipazioni sulla trama e sul finale che possono compromettere la visione a chi non ha ancora visto il film.

I milanesi ammazzano il sabato è a tutti gli effetti un bellissimo giallo che aggiunge un ulteriore tassello alla visione scerbanenchiana del crimine inserito in una realtà banale, patetica, lontana dalla romanticizzazione di tanta cattiva letteratura. Banali i mostri che approfittano di una povera ragazza minorata e poi la massacrano; banale l’umile padre di famiglia che, da bravo meneghino, aspetta il fine settimana per compiere la sua sanguinosa e omerica vendetta perché, come tutti i bravi milanesi, dal lunedì al venerdì non si stacca dalla routine casa/lavoro. E banale il sottobosco di depravazione e malavita che ci accompagna in questa turpe vicenda. La trasposizione cinematografica di Duccio Tessari mantiene intatto il plot narrativo, prendendosi però molte libertà nella caratterizzazione del protagonista, Duca Lamberti.
Come ne
I ragazzi del massacro di Fernando Di Leo, svaniscono i trascorsi medici di Duca (era un dottore radiato dall’albo per aver praticato un’eutanasia); in cambio, la figura tormentata di un poliziotto che vorrebbe salvare il mondo ma proprio non ci riesce. Perché, da bravo sbirro tenace e moralista, non riesce a comprendere le ragioni di chi sceglie la strada del delitto. Come gli fa tristemente notare una prostituta, lui è un brav’uomo; il che non lo rende migliore come detective, anzi per certi versi lo ostacola. La sua è una crociata, quindi destinata a fallire; tormentato nella mente e nel corpo (per buona parte del film lo vediamo lottare con i fastidiosi sintomi della sinusite, che lui non cura perchè troppo preso dalla sua lotta contro il male), assistito dalla fedele Livia Ussaro (anche in questo caso, i trascorsi del personaggio letterario vengono omessi; è la sua fedele compgana, la donna con la quale lui si confida, e tanto ci basta) che gli rimprovera affettuosamente tanta trascuratezza per la propria salute e l’ossessione con cui persegue la propria utopistica missione. E’ in tutto e per tutto il ritratto ideale del commissario di ferro che popolerà tante pellicole poliziesche nostrane del decennio a venire. Magistralmente interpretato da Frank Wolff (che tornerà a vestire i panni del commissario in Milano calibro 9, quale rappresentazione dell’ottuso burocrate incapace di combattere il crimine poiché legato ad una visione borbonica e reazionaria della giustizia) questo Duca è sicuramente ben delineato ma lontano anni luce dallo spietato eppure umano clinico che sulla pagina scerbanenchiana tenta di estirpare scientificamente il male alla radice. Il Duca di Tessari non avrebbe mai compreso le ragioni del Duca di Scerbanenco, che da medico commise un reato per pietà umana; probabilmente lo avrebbe sbattuto dietro le sbarre senza tante storie. Dopotutto in Italia l’eutanasia è ancora un reato, no?
Corrado Artale

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