domenica 30 novembre 2008

Io c'ero. Festival ed eventi vari. 26° TORINO FILM FESTIVAL, 21-29/11/2008. TONY MANERO


Cile/Brasile 2008. Di Pablo Larrain.

E' l'unico film in concorso che chi scrive ha visto, ma non era difficile ipotizzare per esso qualche premio, che infatti è arrivato: miglior film, miglior attore protagonista, premio Fipresci. Interpretato in modo straordinario da Alfredo Castro, Raúl è un uomo ossessionato dal Tony Manero della Febbre del sabato sera. Si reca a vedere quando può il film balbettandone i dialoghi -forse tra le più tristi scene ambientate in una sala cinematografica-, e cerca di imitarlo mettendo in piedi un balletto insieme alla sua "famiglia". La ricerca del vestito, della pavimentazione adeguata sembrano essere le sue uniche preoccupazioni. Ci sono dei "ma": Raul è un assassino, un uomo oscuro e laconico -ma nel film è raro vedere sorrisi da parte di chiunque-, che uccide a volte senza apparente motivo, a volte per bisogno, a volte per rabbia. La violenza estemporanea di Raul è talora elisa, efficacemente. E siamo nel Cile della dittatura di Pinochet. Il clima politico disgustoso è messo in luce con tocchi anch'essi efficaci: gli scagnozzi con la loro frase-condanna a morte "C'è un procedimento in corso", il memorabile scambio di battute "Dobbiamo restare tutti uniti per lavorare a questo ballo", "Tutti uniti? Zitti, comunisti di merda!". Al clima di paura fanno da contraltare (richiamando vagamente il contrasto torture/spettacoli di massa di Garage Olimpo) i modesti lustrini dello show tv che dovrebbe regalare la gloria a Raul, uomo che ha scelto un modello difficilmente eguagliabile e che non può dargli vera soddisfazione, nonostante paia dare un senso alla sua vita, donandogli un punto di riferimento, sebbene poco concreto, e delle cose da fare.
L'approccio registico è implacabile e sta tra la vicinanza fisica ai personaggi, ai volti, attraverso la camera a mano, e un grado di distacco gelido nell'osservare una realtà squallida: il nucleo familiare di Raul è promiscuo, con il culmine raggiunto dal rapporto "mancato" tra padre e figlia, scena fortemente erotica (ma è da segnalare anche un lampo hard). L'assenza di commento sonoro extradiegetico e il concentrarsi sul nucleo di personaggi principali (chi/quanto si vede del mondo "fuori"?) catturano l'attenzione spettatoriale e rendono opprimente il clima. Chiusura ottima, all'insegna di una drammaticità totale ma trattenuta (che porta alla mente Un borghese piccolo piccolo). Film venato di un umorismo che si spegne sulle labbra, non è per impressionabili e per depressi, ma tenetelo d'occhio quando uscirà in sala.
Alessio Vacchi

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