domenica 18 gennaio 2009

Comunicazioni di servizio. REQUIEM PER UN CINEMA


Non si vuole essere nostalgici e menefreghisti a tutti i costi. Se aveva chiuso, è perchè non reggeva più, e ci si augura che nel condominio che sorgerà al posto del cinema, e i cui lavori sono irrimediabilmente iniziati, venga a stare tanta bella gente che ora abbia problemi a trovare un tetto. Però la demolizione del Fiamma spiace, per più motivi.
Uno, più oggettivo, è che il cinema in questione era una delle sale torinesi più storiche ancora esistenti: l'inaugurazione risale a metà anni Cinquanta. «Veniva bandito un singolare concorso a premi per "dare un nome al più bel cinema di Torino", sorto in corso Trapani [...], capace di 1500 posti con platea e galleria color oro, ambrato e rosa. Si vantava di possedere "il più grande schermo d'Europa", proiettava film di seconda visione e per "referendum popolare" si chiamò Fiamma»*. E di questa "storia" si fa piazza pulita. Gli altri sono soggettivi, legati alla memoria e alla sensibilità di chi scrive. Abitando molto vicino al cinema in questione, la sua fine non mi può essere indifferente, perchè è un posto che ho conosciuto. Data la mia giovane età non sono memorie di grande spessore, comunque è il luogo di una delle prime proiezioni di cui abbia un vago ricordo (Jurassic Park), dell'attesa e affollata visione del primo Signore degli anelli (invero minata dai soliti gagni cagacazzo), dell'amarezza per la discutibile versione italiana di Shaolin Soccer, di un paio di visioni solitarie in un'estate torrida (Una settimana da Dio che non mi piacque affatto, Ricordati di me). L'ultimo film visionato dovrebbe esser stato Master & Commander di Peter Weir. Nel 2004 la sala chiude -non è la prima e non sarà l'ultima vittima cittadina della concorrenza delle multisale-, e i manifesti di Scary movie 3 rimangono per un pò esposti fuori.
Fino a poco tempo fa, passando, si poteva vedere una desolazione di buio, polvere e cartacce nell'atrio del locale, oltre i vetri. Ma ora, passando davanti, lo scenario è quello di uno spazio "brutalmente" sfondato da parte a parte dalle ruspe, e ci si rende realmente conto che quel che c'era, non c'è proprio più: quella sala grande, con una sua eleganza -dotata anche di lampadari di Murano-. A onor del vero, nel ricordo c'è anche la scomodità delle sedie, basse e consumate (molto diverse da quelle dei multiplex odierni). Ma è un pò poco per frenare un certo dispiacere che emerge, se il pensiero o i propri passi conducono al numero 57 di corso Trapani.
Alessio Vacchi

* Maria Grazia Imarisio, "C'è il Circarama", in "Torino Set 1956-65", supplemento a "Torino Sette", 1995.
Si ringrazia per la foto Enrico Barco, ex operatore e responsabile del locale.

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