domenica 22 marzo 2009

Incompresi. Comici allo sbaraglio: BURRO


Italia 1989. Su dvd Medusa.

"Ci sono state [...] occasioni in cui ho tirato fuori la testa e mi sono impegnato in progetti in cui credevo. Burro, Sono fotogenico, sono film che sono contento di aver fatto anche se poi non hanno dato grandi risultati" (da un'intervista a Pozzetto pubblicata su http://www.wlaciccia.it/famosi/pozzetto.php). Diretto da José María Sánchez, con cui Pozzetto lavorerà ancora, Burro è il film più ambizioso interpretato dall'attore ed anche uno dei più sfortunati: incassi modesti allora, sconosciuto ai più oggi. Burro è un adulto-ragazzo: un semplice, che vive ancora con la madre, lavora in un cinema ed è innamorato di un'attrice, Katharin (Elena Sofia Ricci). Anche se la mamma lo ammonisce ("Le attrici sono tutte uguali!"), lui crede a quel che vede sul grande schermo, pensa che lei lo guardi e quando si reca a vedere il suo nuovo film, Un fiore nero pieno di profumo, si tira a lucido come andasse ad un appuntamento -idea carina, questa-. Promoziona anche il film con manifesto e megafono girando su un'Ape. Ma questa strada metacinematografica ad un certo punto è abbandonata dal film, che osa e sbanda. Burro, deluso dalla sua attrice, pensa di intraprendere altri mestieri, incontra altre donne che hanno lo stesso volto di Katharin. Una ragazza bizzarra, spirituale con cui dà vita ad una lunga sequenza lirica in cima ad un cocuzzolo, poi una zingara che pare promettergli finalmente un incontro sessuale, in realtà una trappola in cui viene maltrattato dal marito zingarone. Alcuni episodi del passato vengono rimembrati, con lui adulto che banalmente si vede da bambino; ed al termine, si avvererà una curiosa profezia della zingara, che legherà Burro al padre.
Il film è scritto da Tonino Guerra, e si sente. L'ambientazione è nella provincia romagnola, i toni sono surreali, poetici, metafisici, amarcord e quant'altro. C'è l'ubriaco arrabbiato del paese e c'è la presenza della religione, in due momenti divertenti: Burro che mangia in piatti il cui fondo ritrae il papa e che mette via l'ostia senza ingoiarla ("Questa la prendo dopo al bar, magari con qualcosa di forte") per ricattare il sacerdote e farsi dare le lire in cambio, per andare con la zingara. Ma non si tratta di un film riuscito ed il problema non è tanto Pozzetto, che fa quel che può e ispira anche simpatia, bensì l'atmosfera del tutto: il film ha una lentezza tutto sommato angosciante, che mette quasi a disagio, e tutto vi scorre circa allo stesso modo. Compreso il film nel film, che è anche risibile come lungometraggio (un fotografo cerca di catturare la bellezza di una donna e sedurla). Il difetto sta già un pò nel manico (sceneggiatura e regia), prima che nel montaggio, sebbene il film duri un'oretta e mezza soltanto. Film triste, in cui si sorride poco, Burro viaggia a scartamento ridotto, è un elemento originale nella filmografia di Pozzetto ma anche un passo falso. Spiace, ma è meglio vedere l'attore in uno dei suoi tanti ruoli comici, finanche con quella volgarità che qui è bandita. Nello stesso anno esce un altro film italiano con la presenza, più centrale, di una sala cinematografica di paese: Splendor di Ettore Scola, con Troisi e Mastroianni.
Alessio Vacchi

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