domenica 28 febbraio 2010

Comunicazioni di servizio. ITALIA AMORE MIO?


Premessa. La musica di basso livello, trash, perlopiù italiana, mi attira e mi si attacca dentro la testa. Anche il cinema italiano di seconda, terza fila mi interessa, ma una volta visionato un film non lo sto a riguardare; per la musica è diverso, le canzoni durano pochi minuti e si possono riascoltare agilmente. Quindi mi ritrovo spesso a canticchiare dentro di me strofe e ritornelli che si rivelano appiccicosi e tornano insistentemente.
Dev'essere sicuramente per questo motivo che, dopo un'iniziale atteggiamento snobistico - riassumibile in: canzone mediocre, testo muffo, operazione discutibile - mi sono ritrovato ad ascoltare più volte al giorno l'exploit sanremese del trio delle meraviglie giunto secondo all'ultimo festival. Ora spero che qualche altra audiodelizia prenda il suo posto a breve. Ma per ora va così. Dunque, pur non volendo sparare sulla Croce Rossa e partire dalle colpe dei padri, da dove iniziare? Dal buon Enzo Ghinazzi in arte Pupo, ormai più aduso a condurre trasmissioni tv e lontano dai fasti di hit quali Gelato al cioccolato e Su di noi, che si presta ad aiutare il "principe" Emanuele Filiberto a mettere in musica i suoi sentimenti italianofili. Il cantante toscano si fa esecutore della sua volontà di volersi rilanciare presso il pubblico tricolore, fargli capire cosa ha dentro e farsi accettare. Pupo suona il pianoforte e canta con voce tra l'incerto e il serio. Ma da compositore plagia in modo incredibile Over the rainbow quando il tenore Canonici vocalizza, tanto che pare una citazione, perchè si stenta a credere che non se ne sia accorto. Se non altro questo regala uno dei momenti più divertenti della bella parodia (una delle diverse) che si trova su Youtube. Il principe ci tiene molto a proporsi come italiano ed amante dell'Italia: la cui cultura, ci assicura, è la sua, ma non si capisce perchè la sua dovrebbe essere veracemente italiana, dato che ha vissuto giusto un pelo in Francia. C'è poi un altro problema di base: non è un cantante, e si sente. Canta come uno di noi che non sappia cantare benissimo.
Ma che cosa cantano, i due più il tenore - l'unico ad essere stato graziato dalle critiche - ? Un testo imbarazzante, di un patriottismo stantio, stucchevole, che poteva essere accettabile poniamo nel 1945, in un paese in ricostruzione. Un uomo con due famiglie e un altro che con la sua, anni fa, aveva chiesto un grosso risarcimento all'Italia, cantano come fossero paladini dei valori italiani. Ovviamente si citano anche la religione e Dio: è al Signore, oltre che "al mondo", che il principe comunica il suo amore per l'Italia. Ci sono versi strambi, incartati e di scarsa musicalità: quello del sentimento "che ci stringe intorno alla nostra famiglia", che ha portato qualcuno su Facebook a divertenti ipotesi nel figurarselo, ma anche "il cuore di un'Italia sola, che oggi più serenamente, si specchia in tutta la sua storia". "Credo nella giustizia" e "Credo... in un paese più normale" in era berlusconiana suonano frasi sovversive, e sarebbe divertente sapere se gli sventolatori di bandiera nel teatro siano amici di uno dei tre, monarchici oppure pidiellini. Apprendiamo da un lato che il principe ha sofferto per chi è misero, ma dall'altro che non si è mai paragonato a chi lo è: ma quindi? Dovremmo dirgli bravo?
Sull'insieme incombe un "chissene" grande come una casa e quel che rimane è buono, salvo patriottici di bocca buona, giusto per un pronto recupero trash, con buona pace delle intenzioni. E tutto ciò a cosa ha portato? Al secondo posto al festival della canzone nazionale. Sarebbe gioco facile dire che è un posizionamento che rispecchia un più ampio stato delle cose nel paese, o un imbarbarimento del gusto: il brano risulta essere fuori dalle classifiche. Diciamo, anche se pare la scoperta dell'acqua calda, che un festival musicale che dà il secondo posto ad un brano del genere, non ha ragion d'essere in quanto competizione. A quel punto, tanto varrebbe fare una cosa alla Festivalbar: una rassegna musicale in cui però si presentano brani inediti (sì, anche al Festivalbar c'era un vincitore, ma la cosa aveva importanza nulla) e la faccenda odorerebbe meno di presa in giro. Patriotticamente,
Alessio Vacchi

domenica 21 febbraio 2010

La youtubata. PAPA NERO


Che cosa dire del festival appena concluso? Tutt'al più ci torneremo brevemente settimana prossima. Forse. Nel frattempo facciamo un amarcord e torniamo all'edizione del 1997, in cui i Pitura Freska imponevano (nella categoria big!) la loro Papa nero, ispirata all'elezione della prima miss Italia nera (Danny Mendez), che diventerà un tormentone e il loro maggiore successo. Superate l'impatto della Marini a inizio filmato e godetevi l'esibizione del pittoresco (scusate) gruppo veneto.
A.V.

Memorabilia. AMORE MIO AIUTAMI


Due flani per questo classico della coppia Vitti-Sordi, spesso proposto in tv in un fullscreen allucinante. Il flano "orizzontale" risale alla prima uscita del film, nell'ottobre 1969 e propone una frase che fa riferimento ai due più recenti successi dei due attori. Il secondo flano riguarda una riedizione del 1973, quando la coppia giunge nelle sale col terzo film girato insieme, Polvere di stelle e quindi battere ancora un pò cassa col "vecchio" film ci poteva stare. Che altro aggiungere? Beh, che ovviamente le due sale torinesi citate nei flani sono stra-defunte...
A.V.

domenica 7 febbraio 2010

Focus on. Chuck Norris: UN EROE PER IL TERRORE


Tit. or.: Hero and the Terror. Usa 1988. Di William Tannen. Su dvd Mgm (regione 1).

L'agente O'Brien sta perlustrando il buio covo di quello che pare essere un maniaco sessuale. Il freak in questione lo sorprende e rischia di ucciderlo, ma casca e viene catturato. Questo all'inizio, che si rivela essere un incubo dal passato dell'agente, quando ha acciuffato the Terror ed è stato bollato come Hero: Norris, una volta alzato, ci riflette sopra tutto nudo e muscoloso e dopo attacca un duro training in palestra in una sequenza abbastanza anni 80. Ha una moglie, una donna bionda che aspetta una bambina. Ma la serenità del protagonista non può essere al 100%, dato che il maniaco pare essere tornato. Evaso dall'istituto e dopo pochi metri finito in una scarpata col furgone, è dato per morto ma torna a mietere vittime femminili, che sorprende nei bagni di un teatro. "Quello che gli piace se lo prende", viene detto di lui. Quando però Terror aka Simon Moon uccide un suo collega, O'Brien lascia momentaneamente la moglie in ospedale (c'è un chiaro parallelo tra la morte di uno e la nascita del bimbo) e si mette a perlustrare e studiare attentamente la struttura, finchè non individua dove dovrebbe nascondersi il figuro e lo va ad affrontare definitivamente, chiudendo i conti col passato.
Il film è venato di horror, il che lo può far accostare a Terrore in città: nell'incubo-flashback iniziale fanno effetto Chuck e il maniaco che lottano con le facce lorde di sangue e quest'ultimo è brutto e si muove simile a Frankenstein, esce dalle grate e abbondano (facendo sorridere) gli spaventi dati da gente che mette la mano sulla spalla di qualcun'altro. Comunque sia, un altro film dove la minaccia non è costituita da un delinquentello, una banda o l'esercito di un paese, bensì un "mostro". Ma il film del 1982 era un pò più divertente. Questo, purtroppo, è uno dei film meno godibili dell'attore: la trama è troppo semplice e questo non è compensato da una buona dose d'azione, confinata in una estemporanea azione di polizia-rissa al porto e nello scontro finale col freak, dove bisogna dire che Chuck, arrabbiato, gli molla dei secchi lardoni ma la sequenza è banalizzata da due finte morti del maniaco e da una classica caduta tra vetrate finali al ralenti.
Lungheggiando inaspettatamente in scene di coppia e in altre di esplorazioni di ambienti, il film quasi annoia e alla luce anche del finale diventa una cosetta familista tinta di dark. Anche se è curioso come la minaccia del freak non tocchi, falsi allarmi a parte, la moglie dell'agente, ma solo la serenità di lui e di conseguenza il godersi il proprio nucleo familiare. Ma a questo punto meglio i rozzi Missing in Action. Tra i momenti più divertenti, quando Chuck blocca al volo, allugando il braccio e facendolo cadere, un delinquentello che era in fuga.
Alessio Vacchi

Memorabilia. MORIRAI A MEZZANOTTE


Non usano mezzi termini questi flani del film di Bava jr. del 1986: il regista è reduce da un trionfo "mondiale", è addirittura un maestro "indiscusso" del genere e ovviamente il suo nuovo film è un capolavoro, sebbene "piccolo". Sono delle esagerazioni, anche se certamente, data la scarsità della produzione di quegli anni, Lamberto Bava poteva passare per un magister.
A.V.