domenica 13 giugno 2010

Incompresi. Comici allo sbaraglio. L'ULTIMO CRODINO


Italia 2009. Di Umberto Spinazzola. Su dvd Dolmen.

Uno, soprannominato Crodino (Ricky Tognazzi), vive una vita un po' al di sopra delle sue possibilità, cercando di mantenere una bella donna (Serena Autieri). L'altro, soprannominato Pes (Enzo Iacchetti), è un operaio divorziato che deve soldi a vari, contrariati colleghi. Insieme aprono una cascinella di prodotti biologici che dura pochissimo, perchè gli animali si ammalano. A Crodino viene una bizzarra ispirazione: trafugare la bara del fresco defunto patron di Mediobanca, Enrico Cuccia, e chiedere un riscatto ai suoi familiari. I due mettono la cassa al sicuro, ma delinquenti non ci si improvvisa e le cose non andranno come vorrebbero.
Aperto dalle immagini della mitica intervista di Stefano Salvi ad un Cuccia sguardo a terra e muto, girato e ambientato nella bassa val di Susa, tra Condove e dintorni - con qualche esterno nel centro di Torino - , il film è la storia di due sfortunati che "ci provano", un po' come La lingua del santo di Mazzacurati a cui è spesso associato, ma l'unico vero risultato che ottengono è creare un evento nella routine della vita di provincia. Più ottimista Crodino, più facile alla demotivazione Pes, i due cercano di fare un salto più grande di loro con un crimine singolare, teoricamente in grande stile. Ma stentano a prendersi sul serio e ancor più ad essere presi sul serio come ricattatori, complici il caso ed errori grossolani. Per incastrarli, giunge "dall'alto" un consulente per le forze dell'ordine, una di quelle figure di oscuri burattinai che si fa intendere stiano dietro le loschezze d'Italia, il quale pronuncia una buona battuta: a Messeri che gli chiede da quanto stia visibilmente male per l'ulcera, risponde "Da Ustica".
Premiato da un prevedibile insuccesso, il film però merita qualche possibilità, almeno in televisione. La regia non ha sempre le idee chiare (ad un certo punto c'è un'impennata di macchina a mano enfatica che stona), ma L'ultimo Crodino ha un ritmo decente, tensione narrativa (il montaggio alternato fra Crodino che cerca di liberarsi da un impiccio e Pes che fugge convinto sia finita, il chiudersi del cerchio coadiuvato dalle intercettazioni - servono commenti?-), fa sorridere e svela un Enzo Iacchetti bravo e credibile come attore semiserio, dall'aria sbattuta e lontano dalle facezie televisive. Tognazzi non è malaccio, ma risulta più "attore". Si rivede volentieri un canuto Marco Messeri nella parte del bonario maresciallo, mentre Dario Vergassola ha il piccolo ruolo del barista, riuscendo comunque a pronunciare la parola "figa".
Questo è il primo film italiano che utilizza il "naming placement", cioè l'utilizzo di un marchio già nel titolo, le cui "o", sul manifesto, sono sostituite da tappi della nota bevanda. Purtroppo la sponsorizzazione non si ferma lì: il soprannome del personaggio di Tognazzi, il sentirlo chiamare continuamente "Crodino" e una didascalia finale che informa che è stato visto al bar a bersi un Crodino, sono un po' imbarazzanti. Iacchetti è rimasto comprensibilmente male per l'insuccesso del film, cui probabilmente teneva per farsi conoscere in una veste diversa, accusando casa produttrice e distributrice di aver fatto poca e cattiva pubblicità, senza riuscire ad avviare il passaparola. Al punto tale da trasformarsi in paladino fuorilegge per difendere il film: "Ho rubato una copia e la proietterò dovunque mi chiamino devolvendo sempre i soldi [...] ai cassaintegrati della zona"*.
Alessio Vacchi

Torino Sette n.1021, 24-30/4/'09.

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