domenica 8 dicembre 2013

Io c'ero. Festival ed eventi vari. 31 TORINO FILM FESTIVAL. BIG BAD WOLVES

Israele 2013. Di Aharon Keshales, Navot Papushado.

Un maestro di scuola dall'aria mite viene menato con efficienza da un poliziotto, Micky, e due sgherri prezzolati: si tratta di un sospetto pedofilo. Qualcuno filma il pestaggio, il maestro viene rilasciato e una bambina viene ritrovata, morta orrendamente, in un bosco. Micky viene sospeso dal servizio, ma è convinto, non si sa bene perché, che il suo obiettivo fosse quello giusto. Lo torna a cercare, ma della stessa idea è anche il padre della bambina, Gidi, un attempato agente dei servizi segreti che ha preso in affitto una casetta fuori mano in cui conduce il maestro, dal quale vuole farsi dire la verità a suon di torture e con l'intenzione di ucciderlo in ogni caso, e il poliziotto, a cui “chiede” di aiutarlo.
Benedetto (per un futuro di successo, si intende) dall'apprezzamento di Quentin Tarantino, è un altro film di questa edizione, dopo Au nom du fils, che tratta di pedofilia e vendetta con tinte forti, declinazioni di genere e l'uso del grottesco. Qui, una vendetta meticolosa ma che si rivela più che inutile è ciò intorno a cui si ruota. La coppia di registi gira facendo molto “cinema”, sin dall'incipit, con uno stile un po' gonfio (crescendo musicali), movimenti di macchina lenti, ralenti, inquadrature frontali, centrali e simmetriche (in panoramico) e, meno positivamente, con crescendo musicali ogni volta che siano inseribili. Il loro film non è scontato: non volge il tutto verso una sadica bloodfeast (nonstante gore e sadismo non manchino), ma gioca la carta di un abbondante umorismo disinvolto e molto nero, tanto da giungere a un passo dal comporre una ricetta con un ingrediente sfuggito di mano (metafora appropriata, considerata la torta che Gidi si prepara con piacere fra una tortura e l'altra). Per dire, battutacce prima di iniziare il lavorio sul malcapitato e la scoperta che anche il tuttodunpezzo Gidi ha qualcuno sopra di sé a cui rispondere, nella vita: l'anziano (ma l'attore ha meno anni di quanto necessario) padre.
Il film porta a essere tentati di simpatizzare per un personaggio, quello del poliziotto Micky, che è un figlio di buona donna, ma è reso con una performance non certo respingente e a confronto di Gidi, chiaramente, è Gandhi. Si è liberi di vedere il film carichi di senso morale e quindi fermarsi lì, nel qual caso discorso chiuso e film bocciato. Ma a chi scrive sembra che questo sia ampiamente bilanciato dalla piega finale che prendono gli eventi, nel coraggio di un finale non consolatorio. Film promosso quindi, a patto di non pensare all'improbabilità di certi comportamenti dei personaggi (e certi deus ex machina). Con un ameno passaggio che fa dell'umorismo sui rapporti degli ebrei con gli arabi.
A.V.

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