domenica 26 ottobre 2014

Incompresi. Comici allo sbaraglio. LA MADAMA













Italia 1975.

L'agente della Mobile Militello (Christian De Sica) è un casinaro, che ha per zio acquisito il suo commissario (un Oreste Lionello mai tranquillo), il quale lo tollera. Si mette a indagare, rivalità con l 'Arma permettendo, sull'uccisione di un tizio, puttaniere, legato a un'organizzazione di autotrasportatori, con a capo il Veneziano (Gigi Ballista), che secondo lui nasconde un traffico di droga. Militello si infiltra e cerca poi di fare il doppio gioco col rivale del Veneziano, Sante Tonnaro (Ettore Manni). Sempre sul punto di venire trasferito, quando non di rimetterci la pelle, ma aiutato tra gli altri da un agente Cia, Militello dimostrerà di averci visto quasi giusto.
Dal romanzo omonimo di Massimo Felisatti e Fabio Pittorru, che scrivono insieme al regista (e a Franco Verucci), La madama è il primo film da protagonista di un De Sica ventiquattrenne, agli inizi, dopo essere stato diretto in una piccola parte dal padre e aver partecipato a un paio di commedie erotiche. La filmografia di Duccio Tessari è piena di titoli dalla componente umoristica più o meno marcata: film con Gemma (Arrivano i Titani, Una pistola per Ringo, Kiss kiss... bang bang), Per amore... per magia, Zorro..., e anche alcune commedie tout-court (Meglio vedova, l'invisibile Quella piccola differenza), accanto ad altri in cui si scherza ben meno (Il ritorno di Ringo, Tony Arzenta). Qui la butta decisamente sul ridanciano, girando una farsa poliziesca a rotta di collo, tra capitomboli e boutades. La madama si configura come uno di quei film che imbroccano la strada del divertimento, della vivacità in quinta, e se lo spettatore non rimane agganciato, come infatti accade qui, sono problemi. Capito ciò, non resta che vedere (se non si ha di meglio da fare) il dipanarsi di un lavoro decisamente al di sotto delle ambizioni come efficacia comica, il che non esclude qualche sorriso (ad esempio, quando Militello entra in una cabina, ne esce con barba finta e si giustifica con un testimone: “Una telefonata noiosissima, una barba così!”). Non aiutano i dialoghi di Maurizio Costanzo, il cui spirito umoristico è, a volte, tirato per i capelli e scarsino d'ispirazione in un modo che lascia increduli (esempio, il battibecco su “ìndago” detto al posto di “indàgo”).
Meglio allora, volendo, le scazzottate, sebbene oggi sembrino già trite nonostante il vederci coinvolto De Sica. Scontri il cui modello sono le scene analoghe dei film con Spencer e Hill – come è evidente nei minuti ambientati nella cella frigorifera, con oggetti usati per colpire, cattivoni che le prendono facendo una figura goffa e volti usati come punching-ball; mentre altrove De Sica si atteggia a samurai, dopo averne fatto un'imitazione, raggelante, di fronte al manifesto di un film – . I problemi del film, comunque, sono di scrittura e di ispirazione umoristica, non tanto da attribuire al beniamino di tanti cinepanettoni futuri. Chi non lo apprezza non resterà conquistato vedendolo qui, ma nel suo ammiccare risulta più fresco di quando esploderà, e strafarà, nel cinema, e la volgarità è bandita. L'idea di un De Sica poliziotto sui generis, estroverso e pasticcione (ma playboy e sempre ben vestito), non era poi sbagliata (il manifesto recita: “Italiani... finalmente anche noi abbiamo il nostro Serpico”, e così lo apostrofa con tono sfottente anche il capo). Inaspettato il finale in tono minore, un “arrivano i nostri” mancato, tra il rassegnato e il politico, in cui si vede un'altra didascalia umoristica che chiama in causa lo spettatore, dopo quella a inizio film che scherza sul consueto “I fatti narrati in questa storia non sono reali/Ogni riferimento a...”.
Rititolato furbescamente La madama l'agente Minchiello e il caso Patacchioni: ma il protagonista si chiama Militello e il caso in questione, che egli richiama sempre alla memoria del capo quando ha bisogno di una riapertura di credito, e che viene chiarito verso la fine, Pacchioni. Visibile su youtube in una copia con sottotitoli in greco, sfaldata, tremenda nelle scene al buio, la cui visione è una scelta per chi ha buona volontà: non se ne sono accorti neppure i fans di De Sica (o han desistito), ché non c'è un commento che sia uno. Carole André fa la combattiva giornalista fidanzata con Militello e il suo personaggio ha nome Angelo (sic).
A.V.

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