lunedì 8 dicembre 2014

Io c'ero. Festival ed eventi vari. 32 TFF. N-CAPACE

Italia 2014.

Anima in pena (sic) ha un rapporto irrisolto con il padre. Sui due aleggia il pensiero della madre che non c'è più. Fa parlare, ponendo delle domande personali e su temi importanti – i genitori, la scuola e il lavoro, il futuro, la morte e l'esistenza o meno di un aldilà, il sesso – , lui, altre persone anziane e alcuni giovani o giovanissimi, in un “viaggio sperimentale”, inquieto, inframmezzato da un suo antinaturalistico mettersi in scena. Come se cercasse di capire qualcosa in più, se si può, della nostra esistenza, capire a che punto siamo, prima di ributtarsi alleggerita nella vita (con la madre che finalmente le permette un agognato bagno al mare: è passato abbastanza tempo...).
Eleonora Danco è autrice, regista e attrice teatrale, con apparizioni anche al cinema (con Scola, Bellocchio, Moretti) e un poco di tv, qui al primo “suo” atipico film, che al festival ha ottenuto una menzione speciale della giuria e una (evitabile) menzione speciale ai personaggi intervistati. Parola, quest'ultima, che sta stretta al film: la Danco parla non di interviste ma di “performance” e “installazioni fisiche”: il contesto di queste riprese infatti non è mai improvvisato, si lega a frammenti di fiction e vengono lasciati alle persone piccoli “assoli”, fatte esplicitamente dire delle cose o fatte fare altre che si legano simbolicamente a quanto detto.
È un film che viene ad avere un po' due anime, e quella più evidentemente autoriale e lontana dal documentario “classico” piace meno. Probabilmente è un'osservazione facile, ma quando la Danco (che si esibisce anche in un full frontal) è in scena, su di un letto-tentazione personale di immobilismo posto incongruamente in luoghi pubblici, a vagare con vestito da sposa e piccone, a fare la scolara disperata in classe, a mostrarsi in una vasca piena di biscotti o la sua voce interviene con tono aspro a rimproverarla richiamando profezie genitoriali di inettitudine, sembra che qualcosetta strida. I suoi frammenti di performance (che qualche volta, in strada, sorprendono i presenti) e di messinscena sono francamente meno interessanti di volti e parole degli “intervistati”. Va detto però che non si può accusare l'autrice/attrice di eccessivo narcisismo, di prendersi troppo spazio. E che non le manca un'ironia autosmitizzante, come nelle discussioni che ha col padre mentre lo dirige, con lei che deve insistere a fargli dire cose a cui lui è recalcitrante, perché non sente sue o teme di risultare male. Colpiscono anche, tra le idee della regista, il vestire da astronauti (perché vivono in una loro bolla) il padre e la badante e l'applicare foto d'infanzia al volto.
Certo, l'affresco umano che ne esce non è proprio sereno o rassicurante, anche se è un effetto che può essere nascosto dalle risate che nascono con spontaneità. Tra i giovani che si sentono regnano ignoranza e pregiudizi (sulle donne, per esempio: troie!), orizzonti ristretti (al lavoretto concreto), allergia alla scuola e alla cultura (leggere? L'arte?). C'è una ragazza che sembra una parodia impersonata da Caterina Guzzanti, ma anche un ragazzino che dice delle cose simpatiche, sulla sua idea di paradiso e le primissime esperienze con l'altro sesso (precoci quasi per tutti, almeno a parole). Gli anziani ricordano (senza compiacimenti, almeno) la violenza genitoriale che da giovani costituiva pratica quotidiana, tra minacce di morte e punture di aghi, ma sono anche capaci di uscite di tagliente saggezza popolare, e comunicano ingenuità e filosofie di vita conciliate. In tutto questo collegare, toccare e ri-toccare temi alti, il riso talora si raggela in volto (come nel caso del vecchio che, interpellato sull'omosessualità, ha una sbottata di un'omofobia cieca, estrema, “da vecchio” appunto), oppure capita il contrario, che un discorso che si segue seriamente si muti, per un cambio di tono e di marcia, in riso (come la signora che ricorda la via a suon di botte e prepotenza col marito, quando la Danco le chiede se a letto poteva prendere lei l'iniziativa): come nella vita.
Un piccolo film che parla a noi e di noi, che pone lo spettatore vis-à-vis con altri esseri umani; film il cui disegno artistico non convince appieno ma senza che questo apporti un danno particolare, e che potrebbe intercettare il pubblico (che si diverte e commenta), se gliene verrà dato modo.
A.V.

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