lunedì 7 dicembre 2015

Festival ed eventi vari. 33 TFF. QUEL FANTASTICO PEGGIOR ANNO DELLA MIA VITA

Tit.or.: Me & Earl & the Dying Girl. Usa 2015. Di Alfonso Gomez-Rejon.

Greg è un insicuro liceale il cui principale hobby è girare, con l'amico Earl, dei remake parodici di noti film. Come racconta lui stesso in voice over, ciò che cambia la sua vita è l'amicizia, inzialmente forzata, con una ragazza che frequenta la sua scuola, ammalata di cancro. Un rapporto senza speranza che però inevitabilmente lascia a Greg dei segni e un'influenza forte, in un certo senso trasmettendogli sicurezza e maturità.
Film pseudo-indie “alla Sundance” (dove ha ricevuto i gran premi della giuria e del pubblico), Me & Earl... è un lavoro che ha tutte le carte in regola per piacere e infatti è stato molto gradito, a quanto si legge in rete. Su questa consapevole piacevolezza, che non lo è di meno per il suo includere anche note aspre, è però il caso in sede critica di mettere qualche puntino. La commedia dolceamara del 43enne Gomez-Rejon (il cui esordio nel lungo era stato il remake di The Town that Dreaded Sundown) piace facilmente, si diceva, e si comprende che vuole farlo, mascherandolo appena. Quanto funziona questo mascheramento dipende da quanto si è sgamati, e/o da quanto si è disposti ad accettarlo. Comunque sia, a occhi un po' esperti il film appare costantemente pensato, una tela colorata stesa con esibita disinvoltura -e con una tavolozza illuminata in modo palliduccio, con luci che entrano dando morbidezza, che fa parte del pacchetto- di cui però si scorge sempre l'ordito. Nonostante gli vada riconosciuta una dose di originalità (anche visiva, perché nonostante l'aria blandamente wesandersoniana, il chiedersi sempre dove mettere la mdp invigorisce) e non sia certo un guscio vuoto, il film è al contempo un meccanismo di cui lo spettatore un po' esperienzato intravede i fili. E questi fili – o questo ordito – in alcuni aspetti e momenti sono più evidenti che in altri: i personaggi del tatuato e “combattivo” professore di storia e quello dello sciallatissimo padre di Greg sanno troppo di originalità cercata a tavolino, mentre le estenuate sequenze finali, di morte, lutto e scoperte postmortem, non è che non funzionino, ma quello che arriva oltre all'emozione è la coercizione alla commozione dello spettatore, che “deve” emozionarsi. Anche ad elementi simpatici-e-bizzarri come i filmini che i due ragazzi girano in continuazione bisogna un po' sforzarsi di credere, e non convince il barare con lo spettatore, da parte del narratore-protagonista, su una questione centrale nel film. Non male, invece, l'animazione che simboleggia l'impatto di una ragazza attraente (Madison, oggetto del desiderio di Greg) sull'”indifeso” maschio con cui interagisce.
Chi scrive non l'ha detestato né è stato preso da attacchi di cinefilia militante, ed è anzi cosa facile il consigliarlo; ma il paradosso è che il film forse sarebbe stato più riuscito, o perlomeno si sarebbe levato di dosso le perplessità spiegate sopra, senza questa impostazione di piacioneria camuffata per persone ironiche e intelligenti. Musiche di Brian Eno. Piuttosto brutto il titolo italiano, che ricorda quello di una vecchia trasmissione con Villaggio.
A.V.


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