lunedì 5 dicembre 2016

Io c'ero. Festival ed eventi vari. 34 TORINO FILM FESTIVAL. PORTO

Francia/Polonia/Portogallo/Usa 2016. Di Gabe Klinger.

Jake e Mati, in quel di Porto, vivono una storia d'amore che dura l'arco di una notte. Lei accetta l'approcciarsi di lui in un locale e un feeling, un'attrazione tra i due emergono subito. Lui l'aiuta a portare scatole nel suo nuovo appartamento, in cui scatta il sesso. A cui segue un livello di conoscenza con il dialogo oltre che biblico, e una tenerezza malinconica prima di finire col riposarsi a nuovo giorno già iniziato. Lei, però, è già ufficialmente impegnata, con un uomo più maturo e soprattutto quel che stiamo vedendo appartiene già al passato. In questa relazione dopo la quale è lui soprattutto a esserci “rimasto sotto”, come si suol dire, lo star bene insieme per i due è stata una magnifica parentesi, da ricordare, sullo sfondo di una città.
La struttura con cui il film racconta questo brevissimo rapporto di amore e sesso è originale. Suddiviso in tre pseudo-capitoli, Porto va avanti e indietro, seguendo meglio un personaggio e poi l'altro, ritornando su alcuni passaggi, ampliandoli e fermandosi poi su altri non ancora visti (la cena, che sembrerebbe un primo appuntamento invece scopriamo essere avvenuta di notte, già dopo l'esplodere della passione).
La passione scoppia improvvisa, con un'impellenza da cinema (e complice un piede di lei: feticisti alert), e tra incredulità e piacere lui e lei mettono assieme tre amplessi quasi di fila (in barba a quel che si chiama periodo refrattario). Dopo aver preso questa piega erotico-cerebrale, il film ne prende una poetica, e mostra ancora più il fianco. Seduti su una panchina, i protagonisti filosofeggiano, ma lì rischiano di perdere lo spettatore, nella ricerca di qualcosa di serio da dire sull'esperienza e le emozioni vissute.
Tutto questo è “cinematografato” con un'estetica slow dovuta al ricorso non solo alla pellicola, che con la sua grana contribuisce all'aura “intima” del film, ma anche a formati diversi, perché oltre al tradizionale 35mm abbiamo brevi passaggi a 8 e 16mm.
Lucie Lucas, bella e abbastanza brava, sfoggia nelle scene erotiche un nudo scultoreo. Purtroppo chi scrive non è riuscito, a differenza di un po' tutti a quanto pare, a gradire la performance di Anton Yelchin. L'attore tragicamente scomparso, a cui il film è dedicato (ma ne ha tre ancora in arrivo), attraversa l'intero film sulla stessa tonalità, ma così il suo personaggio sembra francamente un rincoglionito, o come minimo uno in attesa di una pacca che lo distolga dai suoi pensieri. Se è vero che il suo tratto vocale è quellolì, grattato, il modo in cui il personaggio è impostato e la sua fissità non giocano a favore della riuscita del film, anche se vanno nella direzione che evidentemente il regista brasiliano, all'esordio nel lungo di finzione, voleva: una sorta di intensità introversa a dispiegamento lento, o quantomeno modulato, in un mood che conta più delle parole che vengono dette e cui concorrono anche le note di piano in colonna sonora.
Un tempo felice, da assaporare e che sarebbe da fermare (anche perché il “dopo” non lo è, tra lui che si abbassa a un gesto violento e lei che non ha azzeccato il nuovo legame); due protagonisti che condividono un'esperienza percepita come strana ma impossibile da evitare, qualcosa che doveva succedere (come da parole di lui). Un dolce e malinconico tributo al bello inatteso che la vita può aprire davanti, per poi richiudere: quello che Porto ha da dire arriva, convincendo però parzialmente.
Produce Jim Jarmusch.
A.V.

Il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=CIVBl-v0TSk

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