lunedì 5 dicembre 2016

Io c'ero. Festival ed eventi vari. 34 TORINO FILM FESTIVAL, 18-26/11/2016. SULLY

Usa 2016. In sala dal 1° dicembre.

L'aereo di linea che il capitano Sully (Hanks), coadiuvato dal secondo Jeff Skiles (Aaron Eckhart), decide rapidamente di fare atterrare sul fiume Hudson, in piena New York, poteva essere protagonista di un'altra tragedia statunitense con protagonista un velivolo, come viene fatto notare a un certo punto al protagonista; il ricordo dall'attacco alle Twin Towers, al cuore (anche) di una città, è ancora vivo – e come vedremo non è superfluo rilevarlo – . Per far fronte a un problema sorto appena dopo il decollo ed evitare uno schianto in città, Sully prende una decisione rapida che assicura la salvezza di tutti i presenti a bordo. Ma dopo l'impresa, per quanto considerato un eroe dalla gente, Sully e Skiles devono subire un'inchiesta da parte del National Transportation Safety Board: i dati che l'ente raccoglie non collimano con quanto raccontano i protagonisti, e risulta che Sully poteva agire in un altro modo, atterrando all'aeroporto LaGuardia, perché non l'ha fatto?
Basato sul libro scritto dal pilota protagonista della vicenda realmente accaduta, Sully prosegue una linea eastwoodiana, non continua, di lavori incentrati su una figura maschile realmente esistita (il penultimo suo film era il grande successo American Sniper).
Scritto e diretto con la sicurezza e quella misura che non esclude affatto la commozione, la spettacolarità (almeno in questo caso e classicamente intesa) e una retorica comunque tenuta sorvegliata, non va a inserirsi tra il meglio del regista, né tra i suoi film più stimolanti. Non siamo, e pazienza, al livello di quei film che segnarono negli anni 2000 una rinascita artistica, di stima critica e di pubblico come Mystic River e Million Dollar Baby; ma nonostante pare che tutta la critica non la veda così, per chi scrive siamo anche palesemente ben lontani dalla problematicità di un J. Edgar.
Certo il materiale e i temi, messi sul piatto in modo piuttosto chiaro ed esplicito, sono definibili come eastwoodiani. L'individuo (comunque amatissimo dalla gente, in questo caso) e la comunità, che in questo caso è “l'establishment” e che pure, viene riconosciuto, fa semplicemente il suo lavoro; il valore massimo dato all'esperienza vissuta, da chi c'era e da chi di esperienza ne ha alle spalle, contro il dato tecnico che a confronto non è una cosa seria (il che, se si vuole, è anche bollabile come reazionario, ma sia detto en passant, che Clint lo si conosce e non importa certo puntargli un dito contro).
L'esperienza contestata a Sully tocca sottoporla a verifica, e per farlo bisogna ripeterla, riviverla in qualche modo, o almeno avvicinarsi a farlo: attraverso le simulazioni proposte all'udienza, che risultano lievemente goffe e al limite del “for dummies” prendendo l'intero 2.39:1 del film, anche se funzionali al suo discorso, poi “sul serio”. E sul serio significa rivedere l'accaduto una seconda volta (nella finzione, per il tramite dellaudio dell'incidente). Entrambe le volte, in versione estesa e ridotta, la messa in scena dell'evento al cuore del film inchioda alla poltrona, e questo è il minimo che si deve riconoscergli.
Hanks offre una performance quasi toccante, misuratissimo e minimale. Ma la fondamentale sicurezza del suo personaggio, che nonostante la vicenda rischi di levargli il sonno attende fiducioso che le cose vadano come devono andare, non aiuta a fare assumere un peso drammatico al film tale da renderlo realmente memorabile e scosso da particolari onde di chiaroscuri più che lineare, nonostante il peso magno dei flashback. E a fine film (e si intende proprio alla fine: non tanto nella sequenza all'udienza ma nelle immagini sui titoli di coda), dopo la vittoria del fattore umano (eastwoodiana anch'essa, come già ben sappiamo), le anime del film che effettuano il sorpasso sono quelle dell'omaggio al protagonista, a una città e ai suoi valorosi uomini, e a un paese, come un caloroso riabbraccio sotto la bandiera americana.
Questo, certo, non impedisce al film di essere, oltre che emotivamente efficace, godibile anche per noi: la “solita” forza del cinema Usa solido. Che in un certo senso basta, anche senza essere convinti che Sully sia bellissimo o ideologicamente da far innamorare.
Alessio Vacchi

Il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=8-r8soVu1D8

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